lunedì 19 agosto 2013

Il bianco e il nero #51: La rivoluzione messicana e l'uomo dietro l'Oscar

"La conquista dell'Oscar può spesso essere seguita, quasi per reazione, da un periodo di depressione. [...] Una sorta di alchimia a rovescio: l'oro, una volta che lo si tiene tra le mani, diventa merda". Joseph L. Mankiewicz.

Quante volte abbiamo visto la scintillante statuetta del premio Oscar e quanti di noi sotto la doccia hanno inscenato un discorso di ringraziamento con lo shampoo a mo' di premio? Forse solo io, almeno per quanto riguarda la seconda, ma sono sicuro che chiunque di noi non disdegnerebbe un simile oggettino sopra il proprio caminetto o come fermacarte tra i propri cd.
Anche se molti attori non ammetteranno mai di sognarlo, tanti autori lo snobbano e gli spettatori più critici lo ritengono un premio datato, consegnato ogni anno non alla persona più talentuosa tra le papabili ma bensì a quella con più conoscenze, l'Oscar rimane uno dei più grandi obbiettivi da conquistare nella carriera di tutti coloro che si cimentano nel grande mondo del cinema.
Ma vi siete mai fermati un attimo a chiedervi da dove nasce quella tipica forma? Chi c'è dietro quel volto serio e quella spada minacciosa? Come mai si chiama Oscar? E chi diavolo sia questo Oscar? Bene, grazie a moi, oggi scoprirete tutto, ma proprio tutto quello che c'è da sapere così da impressionare i vostri amici al parco.

La vera storia dietro alla statuetta si snoda in due posti molto diversi tra loro e tuttavia non molto distanti: Los Angeles, più precisamente Hollywood, e le provincie settentrionali del Messico, quelle più vicine al confine americano. Partiamo però dalla prima zona.

Hollywood, anno del signore 1927.
Sala da ballo Crystal del Biltmore Hotel nel pieno centro di Los Angeles. L'intera sala è stata prenotata da
un gruppo di stimati professionisti e imprenditori locali. Tutti insieme costituiscono una nuova associazione corrispondente al nome di Academy of Motion Picture Arts and Sciences o AMPAS. Tra i suoi membri spiccano grandi nomi del cinema come Harold Lloyd, Mary Pickford e Douglas Fairbanks (anche presidente) tra gli attori, Cecil B. DeMille, Fred Niblo e Raoul Walsh tra i registi, i fratelli Warner, Lasky, Mayer della MGM e Irving Thalbert tra i produttori.
Al centro della loro discussione c'è l'istituzione di una nuova cerimonia di premiazione, annuale, per i migliori rappresentanti del cinema americano. Dato che tutti erano d'accordo, cosa c'è di meglio che premiarsi tra di noi?, si passò all'angolo creativo. Ognuno, favorito dai molti alcolici dice la sua, fino a quando le attenzioni non si radunano attorno a Cedric Gibbons, art director della MGM anch'esso membro dell'AMPAS. La sua idea è quella di un uomo, un cavaliere, dallo sguardo fiero con in mano una spada da crociato. Il progetto viene approvato e viene consegnato all'artista George Stanley che intende realizzarla in oro e tridimensionale.

Gibbons torna a casa felice, l'indomani parte alla ricerca del volto perfetto. Vuole un vero uomo, magari un ex combattente, uno non solo con un viso virile ma anche con un corpo scolpito, scultoreo. Cerca di qui e cerca di la, non trova nessuno che vada bene, che risponda a tutte le sue richieste.
Eppure dovrebbe essere semplice si dice, è solo un modello per una statuetta, quasi potrebbe farne a meno. Quando sta per avvertire Stanley della sua decisione, la sua fidanzata e presto sposa, l'attrice messicana Dolores del Rio, gli presenta quello che potrebbe essere l'uomo ideale. Si chiama Emilio Fernandez ed è anch'esso messicano, arrivato da qualche anno in America. 
Emilio lascia di stucco Gibbons che chiama si Stanley, ma per comunicargli che hanno trovato il modello. Certo lui non ha ancora detto di si e c'è una certa difficoltà per Gibbons nel chiedere a uno come Fernandez di posare nudo per lui. Infatti la prima risposta è un secco no, seguita probabilmente da improperi in spagnolo, ma in seguito, grazie all'intercedere di Dolores, il grosso omone acconsente. Poserà per quello che diventerà l'Oscar.

Coahuila, Messico, anno post rivoluzione 1923.
Un ragazzo annoiato guarda fuori dalla finestra. Si trova a scuola ma vorrebbe essere altrove. E' proprio la fuori che si trova la vita vera, la fuori si sta consumando la Storia con la s maiuscola ed invece lui è lì, sui banchi. "Indio! Stai attento" gli grida il maestro. Emilio Fernandez, 16 anni, è soprannominato l'Indio perchè è uno dei pochi veri messicani, di fatti suo padre, il soldato Fernando Garza sposò una ragazza della tribù indiana dei Kickapoo abitanti della regione di Salinas. 
Là fuori, da poco tempo si era conclusa la rivoluzione (1910-1920) ma la situazione era tutt'altro che pacifica. Benchè si trovasse in una scuola militare, era stufo della teoria e voleva passare alla pratica. E così fece, scappò per non tornare più.
Ora, è necessario fare un breve ma esaustivo riassunto della situazione messicana dopo la rivoluzione e dei suoi principali protagonisti, primo fra tutti Adolfo de la Huerta.

El Indio divenne un huertista, un combattente rivoluzionario sotto la guida di de la Huerta. Una rivoluzione che scoppiò il 4 dicembre 1923 in seguito a due eventi molto importanti: l'uccisione il 20 luglio di Pancho Villa da parte di alcuni agenti inviati dal presidente Alvaro Obregon e la decisione dello stesso Obregon di nominare come suo successore Plutarco Elías Calles e non de la Huerta da sempre fedelissimo e presidente temporaneo dal 1 giugno al 30 novembre del 1920 (altro che Letta) nonchè attuale ministro delle finanze e governatore dello stato di Sonora.
Un ulteriore passo indietro. Intorno al 1917 la rivoluzione era giunta quasi alla conclusione in seguito alla redazione della costituzione durante il congresso di Querètaro. Tra i firmatari c'era anche Obregon (che si batté per abolire la possibilità di rielezione per la carica di presidente del Messico. Qualche anno dopo cambiò diametralmente riabilitando la rielezione, proprio quando vinse nuovamente le elezioni e venne rieletto nel 1928. Peccato che venne ucciso nelle ore successive) ma non Zapata, leader insieme a Villa dei rivoluzionari, di fatto quindi il paese rimase spaccato.
Il sodalizio Obregon-Carranza (presidente dal '14 al '20) durò molto poco a causa delle mire al potere di Obregon. Inoltre questi aveva dalla sua il CROM il primo organo di sindacati e poteva puntare decisamente alla carica principale dello stato piuttosto che accontentarsi di quella di primo generale dell'esercito.

Supportato dai sindacati e da alcuni elementi zapatisti (Zapata venne ucciso l'anno precedente dal colonnello Guajardo) Obregon dichiarò il 23 aprile 1920, il piano di Agua Prieta contro Carranza, un manifesto dove veniva dichiarato che: Carranza non veniva riconosciuto come presidente, la creazione di un nuovo esercito, quello Liberal-Costituzionalista con alla guida de la Huerta, nominato governatore temporaneo non solo di Sonora ma anche degli stati Guanajuato, San Luis Potosí, Nuevo León, Querétaro, Tamaulipas e Nayarit, ovvero tutti quelli dove, secondo Obregon e i suoi seguaci, non c'era stato uno spoglio dei voti corretto durante le precedenti elezioni (perse da Obregon contro Ignacio Bonillas, delfino di Carranza). Per evitare uno scontro contro questo esercito si chiedeva a Carranza di lasciare il suo posto a un presidente ad interim e ad una giunta militare che avrebbe indetto delle nuove e libere elezioni.
Pancho Villa durante la rivoluzione
La marcia di de la Huerta verso la capitale avvenne senza problemi, con un terzo dell'esercito governativo che disertò e passò dalla parte dei liberal costituenti. Carranza non cedette fino all'ultimo quando pianificò di fuggire via treno verso la località di Veracruz dove avrebbe creato uno governo distaccato. Il treno venne ripetutamente attaccato e fermato a Aljibes, grazie anche al tradimento di alcuni generali. Carranza fuggì a cavallo verso Coahuila, dove i suoi sostenitori erano ancora molti, ma qui lo attese una imboscata guidata dal generale Rodolfo Herrero che lo uccise.
De la Huerta venne nominato presidente ad interim ed in seguito salì al potere Obregon. Siamo quindi tornati all'inizio.

La rivoluzione di de la Huerta venne supportata da una buona fetta dell'esercito la quale credeva che Obregon avesse tolto loro molto potere e molta autonomia favorendo i lavoratori. Obregon aveva dalla sua però proprio i contadini e l'esercito rimasto fedele, ed inoltre gli venne data una mano dal governo americano. La guerra civile durò dal novembre del 1923 fino a gennaio del 1924 quando i huertisti presero una sonora batosta nella battaglia di Esperanza. De la Huerta scappò quindi a Los Angeles dove aprì una scuola di ballo e dove rimase esiliato fino al 1934, quando il nuovo governo Cardenas prese una posizione più morbida nei confronti degli insurrezionalisti.
In quei pochi mesi 54 generali e circa 7000 soldati vennero uccisi tra battaglie ed esecuzioni (la ferocia delle punizioni di Obregon portò all'uccisione di tutti i prigionieri con una carica superiore al soldato semplice) o semplicemente esiliati. Questa fu l'ultima grande battaglia nella storia del Messico.
E Emilio Fernandez?
El Indio, soldato semplice, finì in galera. Gli vennero dati 20 anni per tradimento e insurrezione. Rimase dentro solo 8 mesi, poi una notte, la parete esterna della sua cella saltò in aria grazie a della dinamite. Emilio fuggì anch'esso a Los Angeles dove entrò nel mondo del cinema come comparsa per i film western o di confine. Amico di Dolores Del Rio divenne il volto dell'Oscar.
Che storia incredibile. E' come se adesso, per un nuovo premio, chiedessero a Danny Trejo di posare nudo.
Comunque Fernandez è conosciuto all'interno del vasto mondo del cinema per ben altro. Tornato in Messico nel 1934, beneficiò dell'epoca d'oro del cinema messicano sotto il governo Cardenas. Divenne sceneggiatore e regista e girò alcuni dei film più importanti e celebri della storia del Messico, tra cui Flor silvestre e María Candelaria , il quale divenne il primo film messicano ad essere invitato a Cannes, dove vinse la palma d'oro.
Altri importanti film da lui diretti furono Las Abandonadas, Bugambilia (sempre con Dolores Del Rio presente anche nei film precedenti), La Perla, Enamorada, Rio Escondido, Pueblerina (con Columba Domínguez sua moglie e musa) e Viva il generale Josè! (girato in America con Paulette Goddard).
Lavorò anche con alcuni dei più grandi registi del mondo, tra cui John Ford per il quale diresse alcune scene de La croce di fuoco, John Huston, per cui ritornò attore, quando la sua fama ebbe una flessione negli anni 60, nel film La notte dell'iguana, per poi diventare uno dei volti preferiti da Sam Peckinpah che lo utilizzò in Pat Garrett e Billy the Kid, Voglio la testa di Garcia e Il mucchio selvaggio.

Diresse 43 film tra il 1942 e il 1979, scrisse più di 40 sceneggiature, è uno dei registi che ha più ispirato gli esponenti del cosiddetto Nuevo cine mexicano di inizio anni 90, fra cui Iñárritu, Cuarón e Carlos Carrera, fu ed è una vera leggenda. Eppure non riuscì mai a vincere l'Oscar. Pensate come sarebbe stato strano, rivedersi in miniatura, dopo tanti anni.
La prima cerimonia
Se siete arrivati fin qua, vi meritate di sapere come mai si chiama Oscar. La prima a dargli questo nomignolo fu Margaret Herrick bibliotecaria dell'Academy che vide in lui una certa somiglianza con suo zio Oscar. L'Academy non adottò il soprannome ufficialmente fino al 1939 ma già dal 1934 era riconosciuto come tale da molti, tanto che negli articoli di stampa del 1934 si parlava della statuetta vinta da Katherine Hepburn come dell'Oscar.
E' fatto di oro a 24 carati, ci vogliono 3-4 settimane per realizzarne 50 (dalla ditta R. S. Owens & Company a Chicago). Finora ne sono stati consegnati 2809 e il primo venne vinto da Emil Jannings, come miglior attore per The Last Command e The Way of All Flesh nel 1929. E' alto 33 cm e pesa 3.6 kili.
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Nella prossima puntata...mah!

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